Le belle bandiere

E' sempre più difficile interpretare quello che ci succede intorno e soprattutto è sempre più difficile trovare il modo di intervenire per cercare di cambiare le tante cose assurde e preoccupanti che questa società produce.

Nei giorni scorsi Erich Priebke, l'ex capitano delle SS, condannato all'ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine, è intervenuto in videoconferenza ad un concorso di bellezza che si è svolto a Gallinaro, località che si trova in provincia di Frosinone, a pochi chilometri da Cassino , in qualità di presidente onorario della giuria di Stars of the Year, il concorso di bellezza per le ragazze ciociare. Ha dichiarato che "mi avrebbe fatto piacere intervenire di persona e ringrazio gli organizzatori per l’invito che considero un atto umanitario".


Ieri a Milano è stato ucciso a colpi di sprangate Abdul William Guibre, un giovane italiano di 19 anni, originario del Burkina Faso. E' stato aggredito all'alba da due uomini con l'accusa di avere rubato una scatola di biscotti dal bar degli aggressori. Lo hanno picchiato, lanciandogli insulti razzisti: "Sporchi negri vi ammazziamo".


E noi che facciamo? Vogliamo veramente lasciare il mondo in queste mani? Pensiamo veramente che possiamo rimanencene arroccati nei nostri fortini ben nascosti dietro i nostri vessilli?
C'è bisogno di essere uniti, non dobbiamo permettere che nessuno rimanga da solo a lottare e a soffrire. Dobbiamo guardare avanti perchè sicuramente è lì la soluzione.

Per il 27 Settembre, l'area programmatica di Rifondazione Comunista "Rifondazione per la Sinistra" ha indetto a Roma un primo incontro con tutti coloro che pensano che in Italia ci sia bisogno di una sinistra forte che ricominci a lavorare unita e l'ha chiamato "Le belle bandiere".
Devo ringraziare chi a scelto questo titolo perchè mi ha spinto ad andarmi a leggere la poesia di Pasolini da cui è tratto e mi ha permesso di goderne perchè non la conoscevo prima.
La scrivo qua sotto anche se è lunga perchè credo che sia bello leggerla tutta.

I sogni del mattino: quando
il sole già regna,
in una maturità
che sa solo il venditore ambulante,
che da molte ore cammina per le strade
con una barba di malato
sulle grinze della sua povera gioventù:
quando il sole regna
su reami di verdure già calde, su tende
stanche, su folle
i cui panni sanno già oscuramente di miseria
– e già centinaia di tram sono andati e tornati
per le rotaie dei viali che circondano la città,
inesprimibilmente profumati,

i sogni delle dieci del mattino,
nel dormente, solo,
come un pellegrino nella sua cuccia,
uno sconosciuto cadavere
– appaiono in lucidi caratteri greci,
e, nella semplice sacralità di due tre sillabe,
piene, appunto, del biancore del sole trionfante –
diviano una realtà,
maturata nel profondo e ora già matura, come il sole,
a essere goduta, o a fare paura.

Cosa mi dice il sogno mattutino?
«il mare, con lente ondate, grandiose, di grani azzurri,
si abbatte, lavorando con furore uterino,
irriducibile,
e quasi felice – perché dà felicità
il verificare anche l’atto più atroce del destino –
sgretola la tua isola, che ormai
è ridotta a pochi metri di terra...»

Aiuto, avanza la solitudine!
Non importa se so che l’ho voluta, come un re.

Nel sonno, in me, un bambino muto si spaventa,
e chiede pietà, si affanna a correre ai ripari,
con un’agitazione
che «la virtù dismaga», povera creatura.
Lo atterisce l’idea
di essere solo
come un cadavere in fondo alla terra.

Addio, dignità, nel sogno, sia pur mattutino!
Chi deve piangere piange,
chi deve aggrapparsi alle falde delle vesti altrui,
si aggrappa, e le tira, e le tira,
perché si voltino quelle faccie colore del fango,
e lo guardino negli occhi terrorizzati
per informarsi della sua tragedia,
per capire quanto sia spaventoso il suo stato!

Il biancore del sole, su tutto,
come un fantasma che la storia
preme sulle palpebre
col peso dei marmi barocchi o romanici...

Ho voluto la mia solitudine.
Per un processo mostruoso
che forse potrebbe rivelare
solo un sogno fatto dentro un sogno...

E, intanto, sono solo.
Perduto nel passato.
(Perché l’uomo ha un periodo solo, nella sua vita.)

Di colpo i miei amici poeti,
che condividono con me il brutto biancore
di questi Anni Sessanta,
uomini e donne, appena un po’ più anziani
o più giovani – sono là, nel sole.

Non ho saputo avere la grazia
per tenermeli stretti – nell’ombra di una vita
che si svolge troppo attaccata
all’accidia radicale della mia anima.

La vecchiaia, poi, ha fatto
di mia madre e di me
due maschere
che nulla hanno peraltro perduto
della tenerezza mattutina
– e l’antica rappresentazione
si ripete
nell’autenticità
che solo sognando dentro un sogno,
potrei forse chiamare col suo nome.

Tutto il mondo è il mio corpo insepolto.

Atollo sbriciolato
dalle percosse dei grani azzurri del mare.

Cosa fare, se non, nella veglia, avere dignità?
È giunta l’ora dell’esilio,
forse: l’ora in cui un antico avrebbe dato realtà
alle realtà,
e la solitudine maturata intorno a lui,
avrebbe avuto la forma della solitudine.

E io invece – come nel sogno –
mi accanisco a darmi illusioni, penose,
di lombrico paralizzato da forze incomprensibili:
«ma no! ma no! è solo un sogno!
la realtà
è fuori, nel sole trionfante,
nei viali e nei caffè vuoti,
nella suprema afonia della dieci del mattino,
un giorno come tutti gli altri, con la sua croce!»

Il mio amico dal mento di papa, il mio
amico dall’occhio marroncino...
i miei cari amici del Nord
fondati su affinità elettive dolci come la vita
– sono là, nel sole.

Anche Elsa, col suo biondo dolore,
lei – destriero ferito, caduto,
sanguinante – è là.

E mia madre mi è vicina...
ma oltre ogni limiti di tempo:
siamo due superstiti in uno.
I suoi sospiri, qua, nella cucina,
i suoi malori a ogni ombra di degradante notizia,
a ogni sospetto della ripresa
dell’odio del branco di goliardi che ghignano
sotto la mia stanza di agonizzante
– non sono che la naturalezza della mia solitudine.

Come una moglie messa nel rogo col re,
o sepolta con lui
in una tomba che se ne va come una barchetta
verso i millenni – la fede degli Anni Cinquanta,
è qui con me, già leggermente oltre i limiti del tempo,
a farsi sgretolare anch’essa
dalla pazienza furibonda dei grani azzurri del mare.

E...
i miei amori di pura sensualità,
replicati nelle valli sacre della libidine,
sadica, masochista, i calzoni
con la loro sacca tiepida
dove è segnato il destino di un uomo
– sono atti che io compio solo
in mezzo al mare stupendamente sconvolto.

Piano piano le migliaia di gesti sacri,
la mano sul gonfiore tiepido,
i baci, ogni volta a una bocca diversa,
sempre più vergine,
sempre più vicina all’incanto della specie,
alla norma che fa dei figli teneri padri,
piano piano
sono divenuti monumenti di pietra
che a migliaia affollano la mia solitudine.

Attendono
che una nuova ondata di razionalità,
o un sogno fatto nel fondo di un sogno, ne parli.
Così me desto,
ancora una volta:
e mi vesto, mi metto al tavolo di lavoro.
La luce del sole è già più matura,
i venditori ambulanti più lontani,
più acre, nei mercati del mondo, il tepore della verdura,
lungo viali dall’inesprimibile profumo,
sulle sponde di mari, ai piedi di vulcani.
Tutto il mondo è al lavoro, nella sua epoca futura.

Ah, belle bandiere degli Anni Quaranta!
Pretesto al buffone per piangere.


Pier Paolo Pasolini (1922-1975)

6 commenti:

Anonimo ha detto...

E poi dici che i tuoi post non sono interessanti. Piccola bugiarda!!
Ciao Gap

Damiano Aliprandi ha detto...

Cara fiordaliso, ti giuro che questa poesia è perfetta, mi spiego come mai mai sono esistiti intellettuali e poeti cosi lungimiranti come Pasolini.
Inoltre ti ringrazio perchè è una poesia che non conoscevo!

Un abbraccio molto forte!E non temere che persone come noi ci sono, basta ritrovarsi...e vederai che qualcosa cambierà anche!

il Russo ha detto...

Un gran bel post, niente da dire.
La situazione é brutta, credo però che una bella bandiera é quella che é sventolata anche ieri come ogni anno dalla signora Lucia in quel di Venezia di fronte al palco del carroccio, non sono nazionalista, anzi, ma sventolare una piccola bandiera che ricorda chi per essa é morto facendo la Resistenza in faccia ai pagliacci della sega nord, é un piccolo grande gesto di civiltà.

SCHIAVI O LIBERI ha detto...

Cosa si può aggiugere a questo bellissimo post? concordo con incarcerato, non siamo soli, basta avere l'umiltà e il coraggio di sapersi trovare.
Un caro saluto.

loris ha detto...

Complimenti, un post molto bello. In alcuni punti della poesia poi si ritrovano le disperazioni del nostro quotidiano “…Addio, dignità, nel sogno, sia pur mattutino! Chi deve piangere piange, chi deve aggrapparsi alle falde delle vesti altrui,..” Pasolini ci ha lasciato molto.
...Le risposte credo che le troviamo se siamo disponibili a confrontarci senza paura di esprimere il nostro pensiero.

Anonimo ha detto...

viviamo tempi tristi...