I Canti del Maggio

Tutto comincia con il Primo Maggio, Festa del lavoro.

Dal congresso dell'Associazione internazionale dei lavoratori - la Prima Internazionale - riunito a Ginevra nel settembre 1866, scaturì una proposta concreta: "otto ore come limite legale dell'attività lavorativa". A sviluppare un grande movimento di lotta sulla questione delle otto ore furono soprattutto le organizzazioni dei lavoratori statunitensi. Lo Stato dell'Illinois, nel 1866, approvò una legge che introduceva la giornata lavorativa di otto ore, ma con limitazioni tali da impedirne l'estesa ed effettiva applicazione. L'entrata in vigore della legge era stata fissata per il 1 Maggio 1867 e per quel giorno venne organizzata a Chicago una grande manifestazione. Diecimila lavoratori diedero vita al più grande corteo mai visto per le strade della città americana. Nell'ottobre del 1884 la Federation of Organized Trades and Labour Unions indicò nel 1 Maggio 1886 la data limite, a partire dalla quale gli operai americani si sarebbero rifiutati di lavorare più di otto ore al giorno. Il 20 luglio 1889 il congresso costitutivo della Seconda Internazionale, riunito a Parigi, decise che "una grande manifestazione sarebbe stata organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente i tutti i paesi e in tute le città, i lavoratori avrebbero chiesto alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore". La scelta cadde sul primo Maggio dell'anno successivo, appunto per il valore simbolico che quella giornata aveva assunto.
"Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Internazionale!".
In Italia come negli altri Paesi il grande successo del 1 Maggio, concepita come manifestazione straordinaria e unica, indusse le organizzazioni operaie e socialiste a rinnovare l'evento anche per 1891. Nella capitale la manifestazione era stata convocata in pazza Santa Croce in Gerusalemme, nel pressi di S.Giovanni. La tensione era alta, ci furono tumulti che provocarono diversi morti e feriti e centinaia di arresti tra i manifestanti.Nel resto d'Italia e del mondo la replica del 1 Maggio ebbe uno svolgimento più tranquillo. Lo spirito di quella giornata si stava radicando nelle coscienze dei lavoratori. Nel nostro Paese il fascismo decise la soppressione del 1 Maggio, che durante il ventennio fu fatto coincidere con la celebrazione del 21 aprile, il cosiddetto Natale di Roma e la festa del lavoro assunse una connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse (dal garofano rosso all'occhiello, alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alla riunione in osteria) l'opposizione al regime.
Il 1 Maggio tornò a celebrarsi nel 1945, sei giorni dopo la liberazione dell'Italia.Il 1 Maggio 1945 partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani che non avevano memoria della festa del lavoro, si ritrovarono insieme nelle piazze d'Italia in un clima di entusiasmo.
Appena due anni dopo il 1 maggio fu segnato dalla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fecero fuoco contro i lavoratori che assistevano al comizio, contadini della provincia palermitana colpevoli solo di chiedere la riforma agraria, colpevoli di farlo in occasione del 1° Maggio, colpevoli di avere il coraggio e la speranza della libertà, dopo gli anni bui del fascismo e della guerra. Nel 1948 le piazze diventarono lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa. Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio e oggi un'unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre, da qualche anno, Cgil, Cisl e Uil organizzano un concerto rock che per i giovani a San Giovanni.
Come sarà il Primo Maggio di quest'anno? Ci sarà il solito concerto e i sindacati ci ricorderanno le vittime del lavoro. Eppure il "lavoro" non è più lo stesso e l'Italia non è più la stessa.
Mi piacerebbe che questo Primo Maggio diventasse un giorno utile per rivendicare i diritti di chi un lavoro non c’è l’ha, o se ce l’ha è sottoposto a forme di precariato o sotto-precariato che costringono inevitabilmente a ricatti continui, un giorno utile per rivendicare il diritto ad una casa, il diritto al libero accesso al sapere, il diritto alla libera circolazione degli uomini e delle donne migranti.
“La specificità dei migranti- si legge sul sito www.euromayday.org - è vivere una doppia precarietà. Dentro e fuori i luoghi di lavoro il legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro li ricatta, i Cpt e le espulsioni li minacciano costantemente. La loro condizione riguarda però tutto il lavoro, è una leva fondamentale della precarizzazione perché alimenta la frammentazione, perché riduce gli spazi di libertà e le possibilità di lotta. Ma in questi anni il protagonismo dei migranti ha prodotto esperienze significative di lotta autonoma in nome della libertà di movimento…”La precarizzazione picchia duro e segna una discontinuità profonda con il passato. E' un equilibrio sapiente fra ricatto e consenso che agisce sul sociale in modo diverso, dividendoci e confondendoci. Atomizza le nostre vite e saccheggia i territori e le metropoli in cui viviamo.
Mi piacerebbe che questo Primo Maggio fosse la prima mobilitazione contro il nuovo governo Berlusconi in una situazione storica senza precedenti, con l’assenza di una qualsiasi rappresentanza parlamentare di sinistra. Quello che è accaduto nel mese di aprile che se ne va, la sconfitta elettorale, la conquista di Roma da parte dei postfascisti di Alleanza nazionale con il contributo dell’estremismo della peggiore destra, sono un “materiale” di riflessione da mettere subito in campo, da portare al dibattito con i lavoratori.
Mi piacerebbe che il Primo Maggio tornasse ad essere una giornata di lotta perchè tutti possano avere un lavoro dignitoso e sicuro.

Rialzati Italia!!!

Il clima è troppo pesante. Sono ancora incazzata con tutti soprattutto per questa sensazione di solitudine che provo da dopo le elezioni. Tutte queste facce di Berlusconi sul mio blog mi infastidiscono un po'. Devo cercare di risollevare il mio umore. Come posso fare?
Innanzi tutto prendo in prestito lo slogan del vincitore con la speranza che funzioni anche con me e poi apro la finestra e cerco di far entrare una ventata di primavera. Poi domani tutti a festeggiare il 25 Aprile!!!

L'identità

In questi giorni, a sinistra, si fa un gran discutere. Ognuno cerca di capire di chi è la colpa di questa sconfitta, dove si è sbagliato e cosa si può fare per ritrovare la strada giusta. Io sono un po' confusa. Ho creduto nella creazione della Sinistra Arcobaleno come luogo comune di chi si riconosce in determinati valori e programmi ma ora non so più se è stata la scelta giusta. Non mi è pesato rinunciare alla falce e martello se questo significava aprirsi a nuove energie e nuovi stimoli. Il problema è che mi sembra che abbiamo perso anche l'ultima cosa che c'era rimasta: l'identità. Qualcuno potrà dirmi che sono cose vecchie, che sono una conservatrice ma sono sempre più convinta che non si va da nessuna parte se non si ha ben presente da dove si viene. Si è persa la voglia di credere , la voglia di commuoversi, la voglia di lottare. Lo so, sono un po' retorica ma è possibile che non si possa trovare il modo di coniugare quello in cui crediamo in questo mondo così diverso e difficile? Possibile che non esista un linguaggio diverso che riesca a comunicare senza risultare vecchio e retorico?! Credo che Vendola potrebbe essere la strada giusta perchè è l'unico che non dice mai cose che già so o, meglio, che riesce a esprimere le cose che sento dando loro una forma nuova e compiuta.

Contessa / di Paolo Pietrangeli
Che roba contessa all'industria di Aldo
Han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti
Volevano avere i salari aumentati
Gridavano pensi di essere sfruttati
E quando è arrivata la polizia
Quei quattro straccioni han gridato più forte
Di sangue han sporcato i cortili e le porte
Chissà quanto tempo ci vorrà per pulire.

Compagni dai campi e dalle officine
Prendete la falce e impugnate il martello
Scendete giù in piazza e picchiate con quello
Scendete giù in piazza e affossate il sistema
Voi gente per bene che pace cercate
La pace per far quello che voi volete
Ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra
Vogliamo vedervi finir sottoterra
Ma se questo è il prezzo l'abbiamo pagato
Nessuno più al mondo deve essere sfruttato.

Sapesse contessa che cosa mi ha detto
Un caro parente dell'occupazione
Che quella gentaglia rinchiusa lì dentro
Di libero amore facea professione.
Del resto mia cara di che si stupisce
Anche l'operaio vuole il figlio dottore
E pensi che ambiente ne può venir fuori
Non c'è più morale contessa...

Se il vento fischiava ora fischia più forte
Le idee di rivolta non sono mai morte
Se c'è chi lo afferma non statelo a sentire
E' uno che vuole soltanto tradire.
Se c'è chi lo afferma sputategli addosso
La bandiera rossa ha gettato in un fosso
Voi gente per bene che pace cercate
La pace per far quello che voi volete
Ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra
Vogliamo vedervi finir sottoterra
Ma se questo è il prezzo l'abbiamo pagato
Nessuno più al mondo deve essere sfruttato

Quello straccio rosso..


Non so di chi sia la colpa ma sono caduta in un pesante sconforto e allora prendo in prestito le parole di un nuovo amico (L'incarcerato ora evaso) per farvi partecipi del mio stato d'animo.

Lo straccio rosso che ha asciugato il sudore della gente che ha lottato,
rosso del sangue versato,
lo straccio rosso che ha asciugato le lacrime degli oppressi ,
quello che ha consolato i diseredati,
quello che ha alimentato la nostra speranza per un futuro migliore
rosso che ha sfidato il fascismo
lo straccio rosso che riposava sopra la tomba di Gramsci,
ora non c’è più...

Non si può fare


Ha vinto Berlusconi, la Sinistra è stata cancellata, la Lega è cresciuta in maniera impressionante.
Ho letto che il blog di Beppe Grillo è stato preso d'assalto da gente incazzata, gente che ha ragione. Ci ha detto che non dovevamo andare a votare perchè questi dinosauri "plurinquisiti" era ora che se ne andassero a casa e ci ha aiutato a consegnare l'Italia nelle mani dei più "plurinquisiti" tra i dinosauri.
Poi ci abbiamo messo del nostro:
Veltroni, con il suo voler andare da solo, non ha ottenuto nulla se non la scomparsa della Sinistra e la Sinistra, senza troppi entusiasmi e poco coraggiosa, si è fatta risucchiare.
Nonostante tutte le giustificazioni che posso trovare, comunque, continuo a non capire e a non farmene una ragione. E la cosa che proprio non mi va giù è di non essere rappresentata in Parlamento. Il pensiero che l'estrema sinistra parlamentare in questo momento sia la Bindi... e che seduti accanto a lei ci saranno i vari Calearo, Colaninno, Del Vecchio... non è possibile!!!!
E poi c'è la paura di quello che saranno capaci di fare il PdL e la Lega...
Spero solo che avremo la forza di reagire.

Se puede

Alle 15 chiuderanno le urne e sapremo... Sono un po' in ansia anche se, in realtà, nessun risultato potrebbe rendermi realmente felice. Spero solo che la sinistra (arcobaleno) tenga duro e che ci rimanga almeno la speranza di poter ricostruire qualcosa a partire da domani.
E se poi dovesse andare proprio male potremo sempre andare in Spagna da dove Zapatero non finisce mai di sorprenderci favorevolmente facendo quello che in Italia non si può neanche sognare.

"il manifesto" del 13 Aprile 2008
Italia-Spagna
«Se puede»?
Micaela Bongi

Peccato. Anzi, per fortuna. Tireranno un sospiro di sollievo i leader nostrani, ché il giuramento di Josè Luis Rodriguez Zapatero capita proprio nel giorno di silenzio elettorale. Nessun commento, nessuno che possa dire: bravo, farò altrettanto; o anche: lo farei, però... Nove donne su un governo di diciassette ministri, un «sorpasso» storico, e viene battuto anche il precedente record spagnolo. La trentasettenne Carme Chacón, capolista dei socialisti catalani alle politiche, promossa poi al ministero della difesa con il suo pancione al settimo mese. Un bel colpo per i generali. La radicale Emma Bonino quel dicastero lo ha a lungo sognato. Ma si è dovuta limitare a sognarlo, e purtroppo non perché troppo pacifista. Non è tanto questione di quote sì-quote no. Per poter compiere questo passo Zapatero ha avuto il terreno arato. Arato dal precedente governo Zapatero, dove le donne, per numero e per peso, non hanno semplicemente svolto un ruolo di immagine, di fiocchetto rosa appuntato sul bavero. E sebbene il Psoe non abbia stravinto, con la riconferma il premier socialista e «feminista», come viene chiamato dal 2004, ha potuto fare anche di più, passando da otto ministre a nove. Quell'esperienza può dunque consolidarsi e ulteriormente scavare, modificare e non ridursi a immagine o spartizione di potere e il discorso è chiuso.
I partiti italiani o meglio i loro leader maschi, non badano molto nemmeno all'immagine. O meglio, se ne dimenticano presto. Discutono sì di percentuali, offrono graziosamente quote, appunto, alternanza uomo donna nelle liste, quando va bene, e senza neanche rispettarla fino in fondo. Poi quando va male c'è Silvio Berlusconi. Nel 2006, nel corso del faccia a faccia finale con Romano Prodi da Vespa, tirò fuori la teoria del tinello, in base alla quale le donne in politica scarseggiano perché «non vogliono lasciare la famiglia e trasferirsi a Roma per cinque giorni a settimana». Lasciò di sasso anche parecchie parlamentari forziste e leghiste. Poi per correggersi, il leader di Arcore levò un'ode alle donne «madri e spose» e in conclusione infilò la perla sulla «categoria che abbiamo tanto aiutato», le donne, appunto. In quell'occasione Prodi non brillò: non trovò il modo di rispondere e balbettò anche sul numero di ministre che avrebbe avuto il suo governo dopodiché si assestò sul classico 33 per cento. Alla fine però la percentuale non fu rispettata, le ministre furono sei su venticinque dicasteri - con quello della famiglia inventato apposta per sistemare Rosy Bindi - e una sola, Livia Turco, con portafoglio. Lo stesso premier non esitò a dirsi dispiaciuto, ma certo con tanti appetiti da accontentare come si poteva fare di più? Già allora Zapatero era molto lontano: le due ministre senza portafoglio che provarono a fare qualcosa, e neanche tanto viste le contrapposizioni e il compromesso finale sui Dico, sono state abbattute da un'altra donna, Paola Binetti.
Nella campagna elettorale appena conclusa non è andata molto meglio, anzi. Altro che gli attacchi all'«incompetenza» di Ségoléne Royal che si proponeva come «madre» per i francesi o le rughe di Hillary Clinton: donne a una passo dalle più alte cariche di governo del resto non se ne vedono. Il leader del Pdl ha dato il peggio di sé: la giovane precaria istruita su come sposare un milionario, le soubrette con le quali «bisogna fare altre cose» piuttosto che la politica, le battute su «io e Fini siamo superman ma certi traguardi sono impensabili anche per noi» a proposito delle presunte fidanzate messe in lista. Un tipo così è troppo? Lo si vedrà il 14 aprile. Ma per il momento, come fece nel 2006, Berlusconi ha promesso: un terzo di ministre donne.
E Walter Veltroni? «Se puede hacer», come era scritto un mese fa sul sito del Pd a commento delle elezioni spagnole? Nomi di eventuali ministri il candidato democratico ne ha fatti pochi, assicura che il suo, nel caso di vittoria, sarà «il governo con la più alta percentuale di donne nella storia della repubblica», senza ulteriori precisazioni. Ma ha già ottenuto un imbarazzato «rifletterò» da Anna Maria Artoni, «nominata» ministra evidentemente senza esserne informata. Dunque, solo per spot?
micaela bongi

Che cos’è la precarietà?


Chi parla di precarietà parla di me e di quelli come me.
Lavoro da sette anni in un istituto di ricerca con i contratti più disparati. Ho avuto contratti di collaborazione occasionale, contratti d’opera, co. co. co…. contratti di tre mesi, sei mesi, un anno…
All’inizio la cosa più angosciante era non sapere se me l’avrebbero rinnovato e ora la cosa più angosciante è sapere che probabilmente me lo rinnoveranno e nulla cambierà. Passano gli anni, cerco di costruire qualcosa, vado a vivere con il mio compagno, riusciamo a comprare una casa con l’aiuto della sua famiglia ma quella sensazione non va mai via. E’ difficile, specialmente per una persona con il senso di responsabilità che ho io, fare progetti in questa situazione. E’ duro convivere con la sensazione che la tua vita dipende dall’umore di chi ti deve rinnovare il contratto, da un progetto che può partire oppure no.
Sento i giorni scorrere e gli anni fuggire via, comincio a sentirmi vecchia… Mi piacerebbe poter stare un po’ tranquilla, poter essere meno nervosa, poter pensare di fare un bambino…
Insomma sta mattina non sono proprio di buon umore. Sarà il cielo grigio o la sonnolenza primaverile ma mi sento stanca.