Storie di una pendolare

Vi ho già raccontato cosa vuol dire essere precaria e ora vi racconto cosa vuol dire essere pendolare. In realtà la cosa peggiore è essere precaria e pendolare.
Ci si alza presto la mattina per prendere treni che, nel 2008, sono ancora quelli di trent'anni fa. Spesso sono in ritardo e, anche quando sono in orario, si portano dietro quel tipico odore di freni surriscaldati e una nuvoletta di fumo nero (mi è capitato di vedere anche qualche fiamma ma fortunatamente sono riusciti a spegnerla!). Entrando si ha sempre quella bella sensazione di aver sbagliato treno e essere saliti su un carro bestiame. I sedili sono così sporchi e sfondati che c'è gente che si porta cuscini e teli per renderli più decenti. Io sono pigra, un po' bestiola e non amo andare in giro troppo carica così cerco semplicemente di scegliere il sedile migliore. I più fortunati non devono cambiare treno e possono pure farsi un pisolino ma c'è anche chi, come me, deve lottare con coincidenze e attese. 80 Km in due ore. E ora la situazione peggiorerà con l'avvento dell'alta velocità: potrò andare da Roma a Milano in tre ore ma ci metterò più di due ore a fare 80 Km!!!
Si dice che l'attesa sia lunga, noiosa. Ma è anche, in realtà, breve, poiché inghiotte quantità di tempo senza che vengano vissute le ore che passano e senza utilizzarle (Thomas Mann)

Il CENSIS ha reso noti qualche giorno fa i risultati di un'indagine sui pendolari italiani, commissionata dal ministero dei trasporti.
Come si vede dal grafico, il loro numero è in rapida ascesa:nel 2007 hanno superato quota 13 milioni, corrispondente al 22% dela popolazione residente e a ben il 33% della popolazione attiva. Insomma, un lavoratore su tre, è un pendolare.
I motivi di questo dilagare del pendolarismo sono abbastanza evidenti. Da un lato, i costi elevati delle case nelle grandi città spingono molte persone a stabilirsi nei comuni della "corona urbana"; dall'altro, la grande precarietà delle condizioni di lavoro porta ad accettare impieghi al di fuori del proprio comune se essi sono più sicuri.La distanza media percorsa dai pendolari è di circa 24 km al giorno (solo il 28% dei pendolari viaggia di più di così). Vi sembra poco? Questo significa che ogni giorno in Italia vengono percorsi 320 milioni di km per andare a lavorare! Inoltre la stragrande maggioranza delle persone viaggia sola su automobili private.
I sociologi del CENSIS sono preoccupati del fatto che il tempo passato in viaggio incida negativamente sulla produttività del lavoro. Sinceramente io sono più preoccupata per la mia salute mentale già duramente minata dalla mia condizione di precaria e, in secondo luogo, mi sembra assurdo che viviamo in un mondo in cui siamo costretti a fare tutti questi spostamenti. Ma quanta energia consumiamo ogni giorno? Quanta CO2 emettiamo? Il CENSIS non dice ad esempio che ogni giorno per questo motivo vengono emesse circa 60 mila tonnellate di CO2, pari a 15 milioni di tonnellate all'anno. Si tratta quasi del 12% delle emissioni nazionali di CO2. Se si potesse lavorare più vicino, saremmo già rientrati nei parametri di Kyoto!

5 commenti:

Damiano Aliprandi ha detto...

Che dire...la tua storia come vedi non è l'unica, ma la più diffusa. Si fanno più sacrifici per un lavoro che non ti rende nemmeno sicuro. Io azzarderei anche a dire che non rende felici.

Un bel problema se aggiungiamo anche la salute visto che è un fatto che si ammala di più un precario che un lavoratore a tempo indeterminato. Salute mentale e salute fisica.
Siamo in tanti, ma non è una consolazione.

il Russo ha detto...

Innanzitutto massima solidarietà per la situazione, non son certo di quelli che fanno la gara a "chi ce l'ha più corto".
E' assurdo quello che sta succedendo in intere aree come quella in cui abito nel ricco nord che fino a poco tempo fa vivevano sul secondario.
Andando a puttane ha cancellato il lavoro per la manodopera ed i posti che creava attorno a sè anche come terziario hanno subito una crisi che ha fatto quasi tabula rasa delle aziende che esistevano e che avevano spinto famiglie su famiglie a radicarsi in quelle aree.
Poi d'improvviso il lavoro per uno o entrambi i componenti viene a mancare ed oltre che accontentarsi di un'occupazione precaria, la gente se la deve cercare almeno a 20/25 km di distanza all'andata e atrettanti al ritorno , con mezzi pubblici quasi inesistenti quindi si sale tutti in macchina ma la benzina negli ultimi tempi é aumentata in maniera assurda...
Cosicchè una persona magari di Valenza Po si trova dall'oggi al domani ad andare fino ad Asti per lavorare in un call center oltre che nei giorni feriali anche il sabato dalle 16 alle 24 o la domenica dalle 8.00 alle 15.00 e questa vita di merda al netto di benzina, autostrada e mangiare gli lascia una vita da asociale e ben 700 euro circa per affrontare un mese di affitto, vestiti, spesa, tasse ecc.
Poi si stupiscono quando uno s'ammazza...

SCHIAVI O LIBERI ha detto...

Ciao, complimenti per il blog. Per quanto riguarda l'articolo, sono pienamente d' accordo con te. Si preoccupano della produttività, e non della salute dei cittadini sottoposti a cuntinui stress. Incredibile davvero. Tutto deve essere funzionale alla crescita e al sistema costringendoci a dare la nostra vita, al servizio del pil, un numero. Questo proprio non riesco a mandare giù, visto che, stiamo tutti peggio. Una mercificazione di vite e rapporti umani impressionante.Ciao

Damiano Aliprandi ha detto...

Cara Fiordaliso, appena puoi passa da me e contribuisci a diffondere l'appello per la manifestazione del primo giugno a Roma. A presto!

il Russo ha detto...

Fiordaliso, dammi un altro bel post come questo!