Se puede

Alle 15 chiuderanno le urne e sapremo... Sono un po' in ansia anche se, in realtà, nessun risultato potrebbe rendermi realmente felice. Spero solo che la sinistra (arcobaleno) tenga duro e che ci rimanga almeno la speranza di poter ricostruire qualcosa a partire da domani.
E se poi dovesse andare proprio male potremo sempre andare in Spagna da dove Zapatero non finisce mai di sorprenderci favorevolmente facendo quello che in Italia non si può neanche sognare.

"il manifesto" del 13 Aprile 2008
Italia-Spagna
«Se puede»?
Micaela Bongi

Peccato. Anzi, per fortuna. Tireranno un sospiro di sollievo i leader nostrani, ché il giuramento di Josè Luis Rodriguez Zapatero capita proprio nel giorno di silenzio elettorale. Nessun commento, nessuno che possa dire: bravo, farò altrettanto; o anche: lo farei, però... Nove donne su un governo di diciassette ministri, un «sorpasso» storico, e viene battuto anche il precedente record spagnolo. La trentasettenne Carme Chacón, capolista dei socialisti catalani alle politiche, promossa poi al ministero della difesa con il suo pancione al settimo mese. Un bel colpo per i generali. La radicale Emma Bonino quel dicastero lo ha a lungo sognato. Ma si è dovuta limitare a sognarlo, e purtroppo non perché troppo pacifista. Non è tanto questione di quote sì-quote no. Per poter compiere questo passo Zapatero ha avuto il terreno arato. Arato dal precedente governo Zapatero, dove le donne, per numero e per peso, non hanno semplicemente svolto un ruolo di immagine, di fiocchetto rosa appuntato sul bavero. E sebbene il Psoe non abbia stravinto, con la riconferma il premier socialista e «feminista», come viene chiamato dal 2004, ha potuto fare anche di più, passando da otto ministre a nove. Quell'esperienza può dunque consolidarsi e ulteriormente scavare, modificare e non ridursi a immagine o spartizione di potere e il discorso è chiuso.
I partiti italiani o meglio i loro leader maschi, non badano molto nemmeno all'immagine. O meglio, se ne dimenticano presto. Discutono sì di percentuali, offrono graziosamente quote, appunto, alternanza uomo donna nelle liste, quando va bene, e senza neanche rispettarla fino in fondo. Poi quando va male c'è Silvio Berlusconi. Nel 2006, nel corso del faccia a faccia finale con Romano Prodi da Vespa, tirò fuori la teoria del tinello, in base alla quale le donne in politica scarseggiano perché «non vogliono lasciare la famiglia e trasferirsi a Roma per cinque giorni a settimana». Lasciò di sasso anche parecchie parlamentari forziste e leghiste. Poi per correggersi, il leader di Arcore levò un'ode alle donne «madri e spose» e in conclusione infilò la perla sulla «categoria che abbiamo tanto aiutato», le donne, appunto. In quell'occasione Prodi non brillò: non trovò il modo di rispondere e balbettò anche sul numero di ministre che avrebbe avuto il suo governo dopodiché si assestò sul classico 33 per cento. Alla fine però la percentuale non fu rispettata, le ministre furono sei su venticinque dicasteri - con quello della famiglia inventato apposta per sistemare Rosy Bindi - e una sola, Livia Turco, con portafoglio. Lo stesso premier non esitò a dirsi dispiaciuto, ma certo con tanti appetiti da accontentare come si poteva fare di più? Già allora Zapatero era molto lontano: le due ministre senza portafoglio che provarono a fare qualcosa, e neanche tanto viste le contrapposizioni e il compromesso finale sui Dico, sono state abbattute da un'altra donna, Paola Binetti.
Nella campagna elettorale appena conclusa non è andata molto meglio, anzi. Altro che gli attacchi all'«incompetenza» di Ségoléne Royal che si proponeva come «madre» per i francesi o le rughe di Hillary Clinton: donne a una passo dalle più alte cariche di governo del resto non se ne vedono. Il leader del Pdl ha dato il peggio di sé: la giovane precaria istruita su come sposare un milionario, le soubrette con le quali «bisogna fare altre cose» piuttosto che la politica, le battute su «io e Fini siamo superman ma certi traguardi sono impensabili anche per noi» a proposito delle presunte fidanzate messe in lista. Un tipo così è troppo? Lo si vedrà il 14 aprile. Ma per il momento, come fece nel 2006, Berlusconi ha promesso: un terzo di ministre donne.
E Walter Veltroni? «Se puede hacer», come era scritto un mese fa sul sito del Pd a commento delle elezioni spagnole? Nomi di eventuali ministri il candidato democratico ne ha fatti pochi, assicura che il suo, nel caso di vittoria, sarà «il governo con la più alta percentuale di donne nella storia della repubblica», senza ulteriori precisazioni. Ma ha già ottenuto un imbarazzato «rifletterò» da Anna Maria Artoni, «nominata» ministra evidentemente senza esserne informata. Dunque, solo per spot?
micaela bongi

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