Silenzio, parla il costituzionalista


Testo dell'intervento in Aula del senatore Gaetano Quaquiariello nel dibattito parlamentare sul cosiddetto "Lodo Alfano" del 22/07/08 tratto dal sito: http://www.gaetanoquagliariello.it/

Signor Presidente, colleghi senatori, signor Ministro,
nel dibattito che si è sviluppato fuori delle mura di quest'aula sul provvedimento oggi in discussione, un argomento è stato utilizzato dagli oppositori più di ogni altro. Si è detto: si sta mobilitando il legislatore per l'interesse di uno solo; di fronte ai grandi problemi del Paese si privilegia il tentativo di risolvere i guai giudiziari di Silvio Berlusconi. Puntualmente, questo stesso refrain è stato riproposto anche in Senato, fin dal dibattito che ha preceduto la formazione dell'ordine del giorno.
Per smentire questo che è ormai divenuto un vero e proprio luogo comune si potrebbe ricordare cosa è accaduto in questi ultimi quattordici anni. Si potrebbero ricordare - tanto per fermarci al 2006 - i 94 procedimenti penali intentati contro Silvio Berlusconi e il suo gruppo imprenditoriale tutti avviatisi successivamente alla scelta di entrare in politica; i numerosi processi celebrati contro di lui conclusisi tutti con l'assoluzione e uno solo per prescrizione; si potrebbero ricordare, e siamo ancora a dati di due anni fa, i 487 accessi della polizia giudiziaria, le oltre duemila udienze, i 789 magistrati schierati in campo, per non parlare delle rogatorie internazionali, più numerose di quelle attivate contro la mafia in trent'anni. Tutto, lo ribadisco, senza che una sola accusa a carico di Silvio Berlusconi abbia retto alla prova del giudizio definitivo. Sicché viene il dubbio che piuttosto di "interesse di uno solo", facendo una doverosa empatia si potrebbe legittimamente parlare dell'esasperazione di uno solo.
Ancora, signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, ci si potrebbe riferire allo squilibrio che nel nostro ordinamento è stato determinato dall'abolizione dell'immunità parlamentare, non a caso prevista dai padri costituenti nell'ambito di un sistema di pesi e contrappesi pensato affinché tra l'espressione della sovranità popolare e le legittime determinazioni del potere giudiziario non si creassero zone di tensione istituzionale, destinate a sfociare in conflitti tra i poteri dello Stato.
Ci si potrebbe infine riferire al contesto occidentale, laddove - seppur in forme diverse - è sempre presente l'esigenza di tutelare quanti operano dalla parte dell'esecutivo, affinché il governo in carica non abbia a subire nel corso del suo mandato i contraccolpi di iniziative giudiziarie, che possono essere rimandate ad una fase nella quale vi sia la serenità istituzionale indispensabile per la legittimità stessa del giudizio.
Ci si potrebbe riferire a tutto ciò e anche a molto altro, ma si rimarrebbe in un'ottica in fin dei conti contingente. Invece, ne siamo convinti, il provvedimento oggi al nostro esame investe un problema che ha attraversato la storia d'Italia assai più in profondità, e al quale è legata quella peculiare debolezza della politica nel nostro Paese che è stata rilevata da storici, sociologi, politologi italiani e stranieri, fino a costituire un tipico tema di investigazione da parte delle scienze sociali. Mi riferisco alla illegittimità del potere politico. Al fatto che in Italia l'esercizio del potere è sempre stato avvertito in fondo come un'usurpazione. Per questa ragione, la classe politica e la stessa nozione di cittadinanza da un canto hanno scontato un atteggiamento di sudditanza nei periodi in cui veniva percepita la forza del potere, dall'altro una ingiustificata e spietata crudeltà quando esso ha dato segni di cedimento. Sicché la lotta politica delle opposizioni, invece di svolgersi sul terreno del confronto tra idee e programmi, ha teso piuttosto a sfruttare questo diffuso sentimento di illegittimità, e a creare le premesse affinché con la caduta di un potente si potesse aprire un nuovo capitolo della vicenda politica italiana.
Si potrebbe risalire fino alle origini della storia nazionale. Ma fermandoci al periodo repubblicano, credo non si possa ritenere un caso se il nostro principale national builder, colui che ha salvato il Paese dalla crisi della guerra, dal disastro del fascismo e dal comunismo incombente - mi riferisco ad Alcide De Gasperi - è stato trattato in vita come un anti-italiano e ricordato sui libri di storia fino a pochi anni fa come un servo degli americani. Non è un caso se uno statista di razza come Amintore Fanfani è stato a lungo rappresentato come un dittatore in erba. Non è neppure un caso se il grido di rivolta di Aldo Moro, quel "non ci faremo processare" pronunziato in un'aula parlamentare, non è stato in grado di evitargli quel processo popolare che ha tragicamente messo fine alla sua esistenza. Non è un caso, infine, se un uomo politico che ha segnato una pagina della storia politica di questo Paese - parlo di Bettino Craxi - ha dovuto concludere i suoi giorni in esilio, e nemmeno evidenti ragioni umanitarie sono bastate a evitargli questa fine.
Non si tratta di coincidenze. E quel che ancor più dovrebbe far riflettere è che tutte le persone che ho citato, differenti per propensioni umane, stile politico e ideali, hanno poi ricevuto riabilitazioni postume anche da parte dei loro avversari. Come se per poter giungere a giudizi politici più equi, che non provochino la catena di eventi drammatici che ha segnato la prima parte della nostra storia repubblicana, fosse comunque necessaria la sconfitta consumata attraverso la diffusa sensazione di illegittimità del potere fin lì esercitato.
E' questo il problema di fondo che appartiene a tutta la nostra storia e a tutti noi. Un problema che dobbiamo risolvere se vogliamo far diventare l'Italia un Paese veramente normale, come tanti illustri esponenti dell'opposizione hanno scritto nei loro libri.
Per far questo, è indispensabile disinnescare il conflitto tra il potere politico e quella piccola minoranza della magistratura che interpreta il suo ruolo essenzialmente come militanza. Agli esordi della storia repubblicana lo aveva capito Palmiro Togliatti: basta ripercorrere i lavori dell'assemblea costituente per rendersi conto dell'importanza che egli attribuiva all'autonomia della politica nei confronti delle possibili invadenze del potere giudiziario e del perché, per raggiungere tale obbiettivo, sarebbe stato necessario fuoriuscire da una visione rigida e libresca della divisione dei poteri. Poi, negli anni seguenti, man mano che la guerra fredda si andava sedimentando, e per parte dell'opposizione di sinistra - in particolare per il Pci - si allontanava sempre più la prospettiva di condividere il governo, le cose cambiarono. La magistratura cominciò ad essere intesa come una delle "casematte" gramsciane, da conquistare per derivarne il controllo sullo Stato.
Tale programma può essere ricostruito attraverso i documenti, ma non fu mai messo in atto. Fino alla caduta del Muro, infatti, la magistratura ha costituito un ingrediente di quell’equilibrio consociativo – sia detto senza che a tale termine venga assegnato alcun significato spregiativo – che ha consentito comunque al nostro Paese di progredire. Le cose sono cambiate dopo il 1989, quando i freni determinati dalla situazione internazionale sono venuti meno e, allo stesso tempo, la forza dei partiti che fino ad allora avevano guidato e moderato i processi politici si è drammaticamente rivelata illusoria.
Da quel momento in poi si sono aperte due competizioni: una tra il potere politico e il potere giudiziario; l’altra, tutta interna al potere giudiziario, tra una minoranza combattente e militante e la larga maggioranza di magistrati che ha continuato a intendere i suoi compiti come servizio nei confronti dello Stato. Queste due competizioni hanno segnato in profondità la transizione italiana, che anche per questo si è prolungata per quattordici lunghi anni. La storia di tre elezioni vinte dal centrodestra e del sistematico tentativo di delegittimare quelle vittorie passa anche dalla comprensione di questi due conflitti. Allo stesso modo, essi hanno bloccato a lungo il rinnovamento delle forze politiche e la possibilità di ultimare un percorso più complessivo di revisione delle istituzioni dello Stato. Entrambi questi processi, infatti, per potersi compiere hanno bisogno di una ineludibile condizione preliminare: che tutti sappiano che un risultato elettorale è definitivo fino alla successiva elezione, perché un assetto politico non può essere sconvolto da un momento all’altro da un’iniziativa giudiziaria.
Oggi tanta acqua è passata sotto i ponti, e tanti luoghi comuni sono stati ridimensionati. E' necessario per questo voltare pagina. Il provvedimento di cui stiamo discutendo serve anche a questo. E serve a tutti. Rischierò di apparire paradossale e inopportuno, ma non intendo rinunciare ad affermare ciò che penso. Il "lodo" serve anche e soprattutto alla sinistra, per liberarsi da quella sindrome di superiorità morale che è parte della sua storia e che le ha causato una perdita secca di laicità a lungo scontata. Si tratta di un virus ancora presente nella vita politica italiana, rispetto al quale la sinistra non ha ancora sviluppato anticorpi sufficientemente forti.
Il presidente Finocchiaro sa quanta considerazione nutro nei confronti delle sue analisi politiche, pur condividendole assai raramente. Trovo in esse motivi di riflessione e di doveroso approfondimento. Ma non riesco proprio a comprendere come si possa credere davvero che sia possibile una vita politico-istituzionale normale, in un Paese che ha alle spalle la storia che ha, in presenza di una anche solo possibile condanna in primo grado di colui che ha ricevuto dal popolo la legittimità a governare.
L’affermazione secondo la quale la vita politica italiana potrebbe continuare a svolgersi seguendo un processo fisiologico o è ipocrita o è irresponsabile. Suvvia, presidente Finocchiaro! Non si è stati neppure in grado di controllare gli effetti di una manifestazione di piazza in una situazione tutto sommato tranquilla; si sono dovuti fare i conti con gli insulti nei confronti delle massime cariche istituzionali e delle massime autorità spirituali; ci si è dovuti scusare nell’aula di questo Parlamento! Non è difficile immaginare, quindi, quale tensione sarebbe chiamata a sopportare quella sinistra che tenta di rinnovarsi in presenza di un lacerante conflitto tra due legittimità concorrenti, quella dell'autorità giudiziaria e quella che deriva dalla sovranità popolare.
Anche per questa ragione, questo provvedimento rappresenta una svolta. Segna la fine di antichi complessi e di egemonie il cui perdurare impedirebbe al Paese di evolvere verso la normalità. Signor Presidente, colleghi senatori, signor Ministro; abbiamo letto in queste settimane l'appello di un centinaio di costituzionalisti, alcuni dei quali ex presidenti di quella Corte Costituzionale ai cui dettami il testo in esame si attiene con scrupolo e rigore. E' un buon segno che all'appello di questi studiosi, che a lungo hanno ritenuto di possedere in via esclusiva l’interpretazione autentica del dettato costituzionale e di poter parlare a nome della legittimità della Carta, si sia contrapposto un altro documento di quaranta costituzionalisti che hanno detto di non essere d’accordo; che hanno ritenuto questo provvedimento un rafforzamento dei principi fondamentali della Carta del 1948. Chi conosce le dinamiche di quegli ambienti sa che non è stato facile. Sa che anche questa rappresenta una piccola grande svolta che potrebbe liberare il dibattito da rendite di posizione che ne inficiano la laicità.
Per tutte queste ragioni, a quanti ci hanno chiesto in quest'aula e fuori da quest'aula come spiegheremo agli italiani la scelta di privilegiare questo come uno dei primi provvedimenti della legislatura, assieme all'intervento incisivo sull'Ici, sui rifiuti, sulla sicurezza e via di questo passo, noi rispondiamo che rivendichiamo quest'azione a testa alta. Ne siamo orgogliosi. Abbiamo contribuito, con l’aiuto discreto ma decisivo delle massime istituzioni dello Stato a preservare la legislatura che si sta aprendo dai veleni che fin qui hanno impedito di chiudere la transizione; a creare uno spazio per poter operare in una situazione di difficoltà, ed essere giudicati per quel che sapremo o non sapremo fare. Abbiamo creato un’opportunità che l’opposizione potrà sfruttare per cercare di sconfiggerci, rinunziando ad ogni mito di cambiamento palingenetico, e convincendo gli italiani di avere più idee e più strumenti per governare questo Paese; oppure, provando a succederci sfruttando l’opera di risanamento, se questa ci riuscirà, così come Tony Blair seppe fare dopo un lungo periodo di permanenza della destra al governo del suo Paese.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, laddove esiste la responsabilità è più facile tenere in vita gli ideali evitando che questi si tramutino in ideologismi. Noi, anche contro i direttori dei giornali vicini alla nostra area, non molto tempo fa abbiamo difeso il diritto alla riservatezza dei nostri avversari, gli onorevoli D’Alema e Fassino, perché abbiamo scorto allora i germi di un imbarbarimento della vita politica.
Non ci sbagliavamo. Oggi che abbiamo responsabilità di governo, abbiamo il dovere di tradurre in scelte concrete le idealità alle quali siamo rimasti fedeli senza calcoli di convenienza, anche quando ci avrebbe fatto comodo sostenere il contrario per chiarire da quanti conflitti di interesse, più occulti e per questo più pericolosi di quello additato ad esempio, sia attraversata in realtà la politica. La modernizzazione di questo Paese e il successo di questa maggioranza passa anche da questa maturità di intervento.

6 commenti:

SCHIAVI O LIBERI ha detto...

"Oggi che abbiamo responsabilità di governo, abbiamo il dovere di tradurre in scelte concrete le idealità alle quali siamo rimasti fedeli senza calcoli di convenienza"

Meno male che non fanno calcoli di convenienza....

Anonimo ha detto...

Cara Fiordaliso,
tu vuoi chiudere il blog per mancanza di visitatori? Se questo è il tuo intento continua su questa strada, la foto di Tremonti, quella di Quaglia-riello e non contenta il suo intervento integrale. Ma ti siamo così antipatici?
E le tue parole di apprezzamento del lato B erano solo una presa in giro!!!! Quale delusione!!!!
Non farci più questi scherzi
Gap

il Russo ha detto...

Purtroppo intanto è passato...

SCHIAVI O LIBERI ha detto...

Bè...se decidessi di chiudere il blog dovremmo fare una petizione online. Non puoi lasciarci. Ciaoooo

Fiordaliso ha detto...

Grazie a tutti.
So che questi due post sono stati un po' pesanti ma mi sembravano cose importanti da segnalare e non ho avuto molto tempo di fare elaborazioni accattivanti...
Sembra che a Luglio il lavoro triplichi o sono le mie forze che sono dimezzate?! L'unica cosa che rimane sempre uguale è lo stipendio..Per fortuna?! o purtroppo?

SCHIAVI O LIBERI ha detto...

Non c'è bisogno di ringraziare, passo sempre volentieri da te. Ciao a presto cara