Stato di emergenza


Venerdì 25 Luglio il Consiglio dei ministri delibera lo "stato di emergenza nazionale" per l'immigrazione.
L'emergenza su tutto il territorio nazionale è stata decretata - spiega l'esecutivo - per fronteggiare quello che viene definito un «eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari». «Al fine di potenziare le attività di contrasto e di gestione del fenomeno - si legge nel comunicato stampa diffuso da Palazzo Chigi dopo il Consiglio dei ministri - il Cdm ha approvato, su proposta del ministro dell'Interno Roberto Maroni, l'estensione all'intero territorio nazionale della dichiarazione dello stato di emergenza». Lo stesso ministro, nel corso di una conferenza stampa, spiega: «Ho chiamato il capo dello Stato e gli ho inviato tutta la documentazione sul provvedimento approvato dal Cdm. È solo una proroga di una proroga già approvata sia da Prodi che da Berlusconi e dunque non c'e niente da enfatizzare, se non la strumentalizzazione della sinistra». Il ministro ha denunciato «un clamore infondato, senza motivo, una polemica basata su pregiudizi e falsità degna della peggiore politica italiana».
Il provvedimento del governo, rileva il Capo Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione Mario Morcone, consentirà "attraverso l'utilizzo di ordinanze di protezione civile, l'adozione di procedure accelerate per la gestione dei nuovi centri di accoglienza nonché interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria in strutture soggette a quotidiano degrado. Si tratta in sostanza - conclude Morcone - di continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto e che quest'anno avevamo sperato che si potesse limitare a tre sole regioni. A tutt'oggi ospitiamo su tutto il territorio nazionale 7.359 cittadini stranieri".

La dichiarazione dello stato di emergenza nazionale è prevista dall’articolo 5, comma 1, della legge 225 del 24 febbraio 1992, in base alla quale il presidente del Consiglio «delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità e alla natura degli eventi. Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti».

Ma esiste veramente una emergenza?Per capire quanto la situazione sia gonfiata e quanto si grave questa dichiarazione di stato di emergenza vi invito a leggere «Sbarchi raddoppiati» Ma le cifre dicono altro di Eleonora Martini (il Manifesto, 26 Luglio 2008)e Lo stato d'emergenza: prove di democrazia autoritaria di Fulvio Vassallo (Carta, 28 Luglio 2008)


"Vedendo dormire in strada i figli dei migranti sfrattati dallo stabile in via Trencia a Pianura venerdì pomeriggio, viene da chiedersi qual è lo stato di emergenza nazionale cui fa riferimento il governo quando parla di pericolo immigrazione. Addentrandosi in quello che nel linguaggio comune non può che definirsi ghetto, ci si domanderà se non sono forse questi richiedenti asilo che vivono in Italia da anni e i loro figli bambini nati sul suolo italiano la vera emergenza."da Arrivano gli immigrati, rivolta ai Quartieri spagnoli di Ilaria Urbani (Il Manifesto, 27 Luglio 2008)

Ieri il commissario per i Diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, dopo una visita di due giorni in Italia, esprime forte preoccupazione per le misure di contrasto all'immigrazione e per gli atti di violenza contro i campi nomadi senza un'adeguata tutela da parte delle forze dell'ordine. Le forze dell’ordine capaci di compiere raid nei campi rom sparsi sul territorio, leggi adottate sulla scorta di pregiudizi razziali, prefetti dai superpoteri in contrasto con i principi dello Stato di diritto, pubblica sicurezza garantita col terrore poliziesco.
Maroni sceglie la comunicazione alla Camera per replicare duramente e schierarsi a difesa delle forze di polizia e parla di "falsità clamorose".


E ora le nostre città si riempiranno di militari per farci sentire più sicuri...
Credo in Italia stiano succedendo delle cose molto gravi e sento il silenzio più assoluto. C'è un clima di xenofobia e di razzismo e Hammerberg è stato fin troppo morbido. Dobbiamo mobilitarci da subito e far sentire la nostra voce.

Un partito piccolo piccolo...


Sono stata al Congresso di Rifondazione Comunista a Chianciano e ne sono tornata delusa e triste.
Ferrero ha fatto leva sui rancori di tutti quelli che in questi anni non hanno visto di buon occhio la politica di Bertinotti e, in nome dell'identità comunista e di falce e martello, ha riunito tutte le mozioni minoritarie contro quella che aveva ottenuto la maggioranza dei voti (Vendola). Per dirla con Gennaro Migliore "Ci hanno fatto diventare la più grande minoranza all`interno di un partito".
Chi lo ha votato aveva paura che Vendola volesse sciogliere il partito per creare la costituente della sinistra e non ha capito che il partito già non esiste più e Ferrero pensa ad un partito piccolo piccolo, minoritario, nascosto dietro alla falce e al martello, arroccato su posizioni che ci riportano indietro di vent'anni.
E allora posso solo ripartire dalle parole che ha detto Vendola nel suo ultimo intervento al Congresso:
"Ci sono state volgarità straordinarie in questo congresso ma, per i quasi 38 anni di militanza comunista della mia vita, posso dire che vale guardare l’orizzonte. Difficilmente mi sono lasciato invischiare in un decadimento che è indicativo dei problemi che ha la sinistra, la nostra comunità, la società italiana.
Ho vissuto questo congresso come un compimento della sconfitta che ha riguardato la sinistra in Italia, come la conseguenza di quella sconfitta, come un arretramento culturale.
Ho sentito nel dibattito toni espliciti di plebeismo. E siccome sono stato educato alla cultura comunista da vecchi braccianti poveri e analfabeti, che della lotta contro il plebeismo culturale facevano la cifra del loro essere comunisti, sento un arretramento. Questa comunità ha scelto un’altra strada. Quella della maggioranza ricercata nelle alchimie che non hanno respiro, non prefigurano prospettiva e non danno un gran futuro al nostro partito.
Ha vinto una maggioranza costruita grazie a un gioco, un guazzabuglio di mozioni di minoranza, un fardello di reazioni di pancia che consente a quattro mozioni, molto diverse tra loro, di coalizzarsi contro quella che ha guadagnato la maggioranza relativa. Dove il collante è l’ambiguità e un equilibrismo semantico.
Il congresso è stato una battaglia importante, appassionante e dura che si conclude con un esito che è un colpo duro per Rifondazione e per la sinistra tutta. Non è un colpo mortale ma una battuta d’arresto e non intendiamo abbandonare la battaglia. Che non è un equilibrio di potere in Rifondazione ma la ricostruzione di una sinistra che parla al paese. I compagni della mia mozione non intendono lasciare neanche per un attimo e per un millimetro Rifondazione Comunista.
I compagni e le compagne della mia mozione, oggi l’area politico culturale “Rifondazione per la sinistra”, vogliono perseguire la ricostruzione della sinistra, rivolgendosi alla sinistra diffusa, alle forze organizzate sul territorio, ai protagonisti delle lotte sociali, alle donne e agli uomini che credono che in Italia di una sinistra di popolo e all’altezza del tempo presente ci sia un gran bisogno. Intendiamo costruire una vasta e ricca mobilitazione permanente alle destre che dia prospettiva alla mobilitazione sociale e contemporaneamente vogliamo sostenere la nostra idea di politica e di sinistra all’interno del partito.
Dalla sconfitta ripartiamo, per nulla scoraggiati, con un alto senso di responsabilità verso coloro che a noi guardano con attenzione, verso i nostri iscritti, i nostri militanti.
Convinti che in questa sconfitta ci sia il seme buono per il futuro!"


Nichi Vendola

Silenzio, parla il costituzionalista


Testo dell'intervento in Aula del senatore Gaetano Quaquiariello nel dibattito parlamentare sul cosiddetto "Lodo Alfano" del 22/07/08 tratto dal sito: http://www.gaetanoquagliariello.it/

Signor Presidente, colleghi senatori, signor Ministro,
nel dibattito che si è sviluppato fuori delle mura di quest'aula sul provvedimento oggi in discussione, un argomento è stato utilizzato dagli oppositori più di ogni altro. Si è detto: si sta mobilitando il legislatore per l'interesse di uno solo; di fronte ai grandi problemi del Paese si privilegia il tentativo di risolvere i guai giudiziari di Silvio Berlusconi. Puntualmente, questo stesso refrain è stato riproposto anche in Senato, fin dal dibattito che ha preceduto la formazione dell'ordine del giorno.
Per smentire questo che è ormai divenuto un vero e proprio luogo comune si potrebbe ricordare cosa è accaduto in questi ultimi quattordici anni. Si potrebbero ricordare - tanto per fermarci al 2006 - i 94 procedimenti penali intentati contro Silvio Berlusconi e il suo gruppo imprenditoriale tutti avviatisi successivamente alla scelta di entrare in politica; i numerosi processi celebrati contro di lui conclusisi tutti con l'assoluzione e uno solo per prescrizione; si potrebbero ricordare, e siamo ancora a dati di due anni fa, i 487 accessi della polizia giudiziaria, le oltre duemila udienze, i 789 magistrati schierati in campo, per non parlare delle rogatorie internazionali, più numerose di quelle attivate contro la mafia in trent'anni. Tutto, lo ribadisco, senza che una sola accusa a carico di Silvio Berlusconi abbia retto alla prova del giudizio definitivo. Sicché viene il dubbio che piuttosto di "interesse di uno solo", facendo una doverosa empatia si potrebbe legittimamente parlare dell'esasperazione di uno solo.
Ancora, signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, ci si potrebbe riferire allo squilibrio che nel nostro ordinamento è stato determinato dall'abolizione dell'immunità parlamentare, non a caso prevista dai padri costituenti nell'ambito di un sistema di pesi e contrappesi pensato affinché tra l'espressione della sovranità popolare e le legittime determinazioni del potere giudiziario non si creassero zone di tensione istituzionale, destinate a sfociare in conflitti tra i poteri dello Stato.
Ci si potrebbe infine riferire al contesto occidentale, laddove - seppur in forme diverse - è sempre presente l'esigenza di tutelare quanti operano dalla parte dell'esecutivo, affinché il governo in carica non abbia a subire nel corso del suo mandato i contraccolpi di iniziative giudiziarie, che possono essere rimandate ad una fase nella quale vi sia la serenità istituzionale indispensabile per la legittimità stessa del giudizio.
Ci si potrebbe riferire a tutto ciò e anche a molto altro, ma si rimarrebbe in un'ottica in fin dei conti contingente. Invece, ne siamo convinti, il provvedimento oggi al nostro esame investe un problema che ha attraversato la storia d'Italia assai più in profondità, e al quale è legata quella peculiare debolezza della politica nel nostro Paese che è stata rilevata da storici, sociologi, politologi italiani e stranieri, fino a costituire un tipico tema di investigazione da parte delle scienze sociali. Mi riferisco alla illegittimità del potere politico. Al fatto che in Italia l'esercizio del potere è sempre stato avvertito in fondo come un'usurpazione. Per questa ragione, la classe politica e la stessa nozione di cittadinanza da un canto hanno scontato un atteggiamento di sudditanza nei periodi in cui veniva percepita la forza del potere, dall'altro una ingiustificata e spietata crudeltà quando esso ha dato segni di cedimento. Sicché la lotta politica delle opposizioni, invece di svolgersi sul terreno del confronto tra idee e programmi, ha teso piuttosto a sfruttare questo diffuso sentimento di illegittimità, e a creare le premesse affinché con la caduta di un potente si potesse aprire un nuovo capitolo della vicenda politica italiana.
Si potrebbe risalire fino alle origini della storia nazionale. Ma fermandoci al periodo repubblicano, credo non si possa ritenere un caso se il nostro principale national builder, colui che ha salvato il Paese dalla crisi della guerra, dal disastro del fascismo e dal comunismo incombente - mi riferisco ad Alcide De Gasperi - è stato trattato in vita come un anti-italiano e ricordato sui libri di storia fino a pochi anni fa come un servo degli americani. Non è un caso se uno statista di razza come Amintore Fanfani è stato a lungo rappresentato come un dittatore in erba. Non è neppure un caso se il grido di rivolta di Aldo Moro, quel "non ci faremo processare" pronunziato in un'aula parlamentare, non è stato in grado di evitargli quel processo popolare che ha tragicamente messo fine alla sua esistenza. Non è un caso, infine, se un uomo politico che ha segnato una pagina della storia politica di questo Paese - parlo di Bettino Craxi - ha dovuto concludere i suoi giorni in esilio, e nemmeno evidenti ragioni umanitarie sono bastate a evitargli questa fine.
Non si tratta di coincidenze. E quel che ancor più dovrebbe far riflettere è che tutte le persone che ho citato, differenti per propensioni umane, stile politico e ideali, hanno poi ricevuto riabilitazioni postume anche da parte dei loro avversari. Come se per poter giungere a giudizi politici più equi, che non provochino la catena di eventi drammatici che ha segnato la prima parte della nostra storia repubblicana, fosse comunque necessaria la sconfitta consumata attraverso la diffusa sensazione di illegittimità del potere fin lì esercitato.
E' questo il problema di fondo che appartiene a tutta la nostra storia e a tutti noi. Un problema che dobbiamo risolvere se vogliamo far diventare l'Italia un Paese veramente normale, come tanti illustri esponenti dell'opposizione hanno scritto nei loro libri.
Per far questo, è indispensabile disinnescare il conflitto tra il potere politico e quella piccola minoranza della magistratura che interpreta il suo ruolo essenzialmente come militanza. Agli esordi della storia repubblicana lo aveva capito Palmiro Togliatti: basta ripercorrere i lavori dell'assemblea costituente per rendersi conto dell'importanza che egli attribuiva all'autonomia della politica nei confronti delle possibili invadenze del potere giudiziario e del perché, per raggiungere tale obbiettivo, sarebbe stato necessario fuoriuscire da una visione rigida e libresca della divisione dei poteri. Poi, negli anni seguenti, man mano che la guerra fredda si andava sedimentando, e per parte dell'opposizione di sinistra - in particolare per il Pci - si allontanava sempre più la prospettiva di condividere il governo, le cose cambiarono. La magistratura cominciò ad essere intesa come una delle "casematte" gramsciane, da conquistare per derivarne il controllo sullo Stato.
Tale programma può essere ricostruito attraverso i documenti, ma non fu mai messo in atto. Fino alla caduta del Muro, infatti, la magistratura ha costituito un ingrediente di quell’equilibrio consociativo – sia detto senza che a tale termine venga assegnato alcun significato spregiativo – che ha consentito comunque al nostro Paese di progredire. Le cose sono cambiate dopo il 1989, quando i freni determinati dalla situazione internazionale sono venuti meno e, allo stesso tempo, la forza dei partiti che fino ad allora avevano guidato e moderato i processi politici si è drammaticamente rivelata illusoria.
Da quel momento in poi si sono aperte due competizioni: una tra il potere politico e il potere giudiziario; l’altra, tutta interna al potere giudiziario, tra una minoranza combattente e militante e la larga maggioranza di magistrati che ha continuato a intendere i suoi compiti come servizio nei confronti dello Stato. Queste due competizioni hanno segnato in profondità la transizione italiana, che anche per questo si è prolungata per quattordici lunghi anni. La storia di tre elezioni vinte dal centrodestra e del sistematico tentativo di delegittimare quelle vittorie passa anche dalla comprensione di questi due conflitti. Allo stesso modo, essi hanno bloccato a lungo il rinnovamento delle forze politiche e la possibilità di ultimare un percorso più complessivo di revisione delle istituzioni dello Stato. Entrambi questi processi, infatti, per potersi compiere hanno bisogno di una ineludibile condizione preliminare: che tutti sappiano che un risultato elettorale è definitivo fino alla successiva elezione, perché un assetto politico non può essere sconvolto da un momento all’altro da un’iniziativa giudiziaria.
Oggi tanta acqua è passata sotto i ponti, e tanti luoghi comuni sono stati ridimensionati. E' necessario per questo voltare pagina. Il provvedimento di cui stiamo discutendo serve anche a questo. E serve a tutti. Rischierò di apparire paradossale e inopportuno, ma non intendo rinunciare ad affermare ciò che penso. Il "lodo" serve anche e soprattutto alla sinistra, per liberarsi da quella sindrome di superiorità morale che è parte della sua storia e che le ha causato una perdita secca di laicità a lungo scontata. Si tratta di un virus ancora presente nella vita politica italiana, rispetto al quale la sinistra non ha ancora sviluppato anticorpi sufficientemente forti.
Il presidente Finocchiaro sa quanta considerazione nutro nei confronti delle sue analisi politiche, pur condividendole assai raramente. Trovo in esse motivi di riflessione e di doveroso approfondimento. Ma non riesco proprio a comprendere come si possa credere davvero che sia possibile una vita politico-istituzionale normale, in un Paese che ha alle spalle la storia che ha, in presenza di una anche solo possibile condanna in primo grado di colui che ha ricevuto dal popolo la legittimità a governare.
L’affermazione secondo la quale la vita politica italiana potrebbe continuare a svolgersi seguendo un processo fisiologico o è ipocrita o è irresponsabile. Suvvia, presidente Finocchiaro! Non si è stati neppure in grado di controllare gli effetti di una manifestazione di piazza in una situazione tutto sommato tranquilla; si sono dovuti fare i conti con gli insulti nei confronti delle massime cariche istituzionali e delle massime autorità spirituali; ci si è dovuti scusare nell’aula di questo Parlamento! Non è difficile immaginare, quindi, quale tensione sarebbe chiamata a sopportare quella sinistra che tenta di rinnovarsi in presenza di un lacerante conflitto tra due legittimità concorrenti, quella dell'autorità giudiziaria e quella che deriva dalla sovranità popolare.
Anche per questa ragione, questo provvedimento rappresenta una svolta. Segna la fine di antichi complessi e di egemonie il cui perdurare impedirebbe al Paese di evolvere verso la normalità. Signor Presidente, colleghi senatori, signor Ministro; abbiamo letto in queste settimane l'appello di un centinaio di costituzionalisti, alcuni dei quali ex presidenti di quella Corte Costituzionale ai cui dettami il testo in esame si attiene con scrupolo e rigore. E' un buon segno che all'appello di questi studiosi, che a lungo hanno ritenuto di possedere in via esclusiva l’interpretazione autentica del dettato costituzionale e di poter parlare a nome della legittimità della Carta, si sia contrapposto un altro documento di quaranta costituzionalisti che hanno detto di non essere d’accordo; che hanno ritenuto questo provvedimento un rafforzamento dei principi fondamentali della Carta del 1948. Chi conosce le dinamiche di quegli ambienti sa che non è stato facile. Sa che anche questa rappresenta una piccola grande svolta che potrebbe liberare il dibattito da rendite di posizione che ne inficiano la laicità.
Per tutte queste ragioni, a quanti ci hanno chiesto in quest'aula e fuori da quest'aula come spiegheremo agli italiani la scelta di privilegiare questo come uno dei primi provvedimenti della legislatura, assieme all'intervento incisivo sull'Ici, sui rifiuti, sulla sicurezza e via di questo passo, noi rispondiamo che rivendichiamo quest'azione a testa alta. Ne siamo orgogliosi. Abbiamo contribuito, con l’aiuto discreto ma decisivo delle massime istituzioni dello Stato a preservare la legislatura che si sta aprendo dai veleni che fin qui hanno impedito di chiudere la transizione; a creare uno spazio per poter operare in una situazione di difficoltà, ed essere giudicati per quel che sapremo o non sapremo fare. Abbiamo creato un’opportunità che l’opposizione potrà sfruttare per cercare di sconfiggerci, rinunziando ad ogni mito di cambiamento palingenetico, e convincendo gli italiani di avere più idee e più strumenti per governare questo Paese; oppure, provando a succederci sfruttando l’opera di risanamento, se questa ci riuscirà, così come Tony Blair seppe fare dopo un lungo periodo di permanenza della destra al governo del suo Paese.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, laddove esiste la responsabilità è più facile tenere in vita gli ideali evitando che questi si tramutino in ideologismi. Noi, anche contro i direttori dei giornali vicini alla nostra area, non molto tempo fa abbiamo difeso il diritto alla riservatezza dei nostri avversari, gli onorevoli D’Alema e Fassino, perché abbiamo scorto allora i germi di un imbarbarimento della vita politica.
Non ci sbagliavamo. Oggi che abbiamo responsabilità di governo, abbiamo il dovere di tradurre in scelte concrete le idealità alle quali siamo rimasti fedeli senza calcoli di convenienza, anche quando ci avrebbe fatto comodo sostenere il contrario per chiarire da quanti conflitti di interesse, più occulti e per questo più pericolosi di quello additato ad esempio, sia attraversata in realtà la politica. La modernizzazione di questo Paese e il successo di questa maggioranza passa anche da questa maturità di intervento.

Fratelli d'Italia


..."E' il dominio della paura. E per agire sulla paura ci vogliono tempi assai stretti, ansia, affanno, capacità di condizionamento (della maggioranza, oltre e prima ancora dell'opposizione). Nasce di qui l'idea di anticipare a luglio e in decreto la Finanziaria 2009. Sembra un'idea geniale. E i cretini, a partire da quello che si definisce "il maggior quotidiano italiano", gli vanno dietro. Meno di sette minuti per approvare la manovra in Consiglio dei ministri. Solo 60 giorni per il voto definitivo in Parlamento: dal 25 al 24 Agosto. Ma i 60 si ridurranno a 40, perchè nessuno mai riuscirà a far sedere nelle Camere i deputati e senatori italiani dopo il 5 o 6 Agosto.
E così comincia la storia di una legge che cambierà in profodità la costituzione materiale del paese..."
dal Manifesto, 22 Luglio 2008, "Colpo al cuore della Stampa" di Giancarlo Aresta

Con 323 sì e 253 no la Camera ha votato la fiducia sul maxiemendamento alla manovra. La manovra ammonta a circa 36 miliardi per il triennio 2009-2011. Ecco alcuni dei tagli previsti:

Contratti pubblici
Taglio di 400 milioni dei fondi accantonati dal maxiemendamento ai rinnovi dei contratti pubblici per il triennio 2009-2011, che dovrebbero scendere da 2.740 a 2.340 milioni. A nulla è servita la pronta smentita dal sottosegretario all´Economia Giuseppe Vegas, il "giallo" ha già messo in allarme i sindacati. L´allarme è condiviso da tutte le organizzazioni, che parlano ormai apertamente di mobilitazione e sciopero del settore a settembre. “Lo scopo ultimo della manovra è quello di smantellare i servizi pubblici per privatizzarli”, ha commentato Carlo Podda, segretario generale della Funzione pubblica Cgil, ”lo sciopero, per difendere i diritti dei lavoratori e dei cittadini, sarà dunque inevitabile”.

Tagli ai ministeri
Nel maxiemendamento, inoltre, aumentano i tagli ai ministeri. Arriva, infatti, una nuova sforbiciata di 300 milioni di euro per il 2009, che nei due anni successivi salgono a 400. Nel 2009 la riduzione aumenta da 8,435 miliardi a 8,135. Nel 2010 sono poi previsti tagli per 8,93 miliardi e nel 2011 15,51 miliardi. A rimetterci maggiormente sarà il ministero dell´Economia, sul quale pesano diminuzioni da 2,96 miliardi nel 2009. Segue lo Sviluppo economico con 2,25 miliardi (4,31 nel 2011), le Infrastrutture con 519 milioni il prossimo anno (770 nel 2011), la Difesa con 503 milioni nel 2009 e 834 nel 2011, l´Istruzione con 447 milioni (790 milioni nel 2011) e l´Interno con 413 milioni il prossimo anno e 798 nel 2011.

Sanità
Per quanto riguarda la sanità, invece, il Governo ha presentato due emendamenti che prevedono una stretta sulle esenzioni sanitarie e sulle prestazioni realizzate da strutture private in convenzione. Con un emendamento all´articolo 60 del decreto ha cancellato i ticket sanitari da 10 euro per il 2009, scaricando sulle Regioni l´onere di trovare le risorse per la copertura economica del loro gettito. Un secondo emendamento dà invece il via libera alla liberalizzazione dei "servizi pubblici locali di rilevanza economica". I tagli, dunque, saranno pari a circa 7 miliardi di euro, e rischiano di mettere in crisi anche le regioni più virtuose. E´ a rischio sia l´assistenza sanitaria vera e propria sia la prevenzione, a cominciare da quella oncologica, con riduzione di posti letto in ospedale e taglio sugli organici dei medici. Tremonti si è detto disponibile a concedere 50 milioni per la copertura dei ticket, ma in precedenza ne erano stati previsti 834. Non è un caso dunque se anche il governatore della Lombardia Formigoni, non certo avverso al governo in carica, abbia protestato vivacemente col ministro dell´economia.

Università
Tagli sono previsti anche per l´Università, e si moltiplicano negli atenei le mobilitazioni e i documenti di opposizione alla manovra approvati da numerosi senati accademici. Innanzitutto per i prossimi anni è annunciato un parziale blocco del ”turn over” dei docenti: solo il 20% dei pensionamenti sarà coperto dai vincitori dei futuri concorsi. Ci saranno poi ulteriori decurtazioni ai finanziamenti pubblici per gli atenei, con un taglio di circa un miliardo e mezzo nei prossimi cinque anni al Fondo di finanziamento ordinario per le Università. E´ inevitabile dunque che si prospettino ripercussioni sulle retribuzioni del personale, con scatti di carriera che da biennali diventano triennali. La legge n. 93 del 27 maggio del 2008, tra l´altro, prevede per il 2010 un taglio di oltre 450 milioni di euro alla voce “spese correnti” del Ministero dell´Università. E´ piuttosto probabile dunque che aumentino le tasse di iscrizione per gli studenti.

Sicurezza
La scorsa settimana poliziotti, agenti di custodia, forestali, carabinieri, finanzieri e rappresentanti di Esercito, Marina e Aeronautica si sono ritrovati insieme davanti a Palazzo Chigi, alla Camera, al Senato e davanti alle Prefetture di tutta Italia per protestare. Anche sulle forze dell´ordine sono infatti previsti tagli di circa tre miliardi di euro in tre anni. Entro il 2011 l´organico complessivo di forze dell´ordine e di difesa rischia di essere ridotto di 40 mila persone. Ci saranno problemi per la manutenzione dei mezzi, per la benzina, per l´acquisto di divise e di giubbotti antiproiettile, e saranno bloccati gli straordinari. Inevitabile, dunque, che ventitré sindacati, più i Cocer delle Forze Armate, per la prima volta tutti assieme, abbiano contestato vivacemente la Manovra.

Scuola
Tagli davvero consistenti riguardano anche la scuola. Sono previsti 7,8 miliardi in meno entro il 2012, così come sono previsti tagli al personale per 150.000 unità, di cui 100.000 docenti e 50.000 personale ausiliario, tecnico e amministrativo. Ma il decreto 112 cancella anche l´innalzamento dell´obbligo scolastico a 16 anni di età che era stato introdotto dal governo Prodi con la precedente Finanziaria. Il commento che è arrivato da Enrico Panini, segretario generale della Flc-Cgil è stato: Un "colpo di mano del governo sull´obbligo scolastico" che riporta l´orologio della storia agli anni ´50.

tratto da www.rassegna.it

E Repubblica di oggi titola :"Sull'inno è scontro Fini-Bossi".
Berlusconi e i suoi amichetti ci stanno mettendo in ginocchio e noi non riusciamo a parlare d'altro che di Bossi che offende l'Inno d'Italia come ha sempre fatto.



E per finire la mazzata finale. Quel poco che Prodi era riuscito a fare per noi precari viene buttato nel cesso.

dal Manifesto del 19 Luglio 2008
Ecco le leggi precarizzanti
Antonio Sciotto

Una gragnuola di leggi costruite per rendere ancora più precario il lavoro. Sarà più facile imporre le dimissioni alle lavoratrici in gravidanza, si riducono le pause, si potrà licenziare in cambio di un indennizzo. E, chicca delle chicche, si potranno avere apprendisti anche solo per un mese. Sono solo alcuni dei «capolavori» messi in cantiere dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi e dalla maggioranza di governo, che nel tourbillon di emendamenti alla manovra finanziaria in pochi giorni sta disfacendo diritti acquisiti in tanti anni. E poi alcuni li ritesse, come una tela di Penelope. E' di ieri infatti la notizia di una marcia indietro su due fronti, dopo le proteste di Pd e Cgil: l'obbligo di registrare il lavoratore il giorno precedente l'inizio d'attività, prima soppresso e oggi restaurato; il ridimensionamento del «voucher», o ticket a ore, limitato a studenti e pensionati e alle micro-imprese familiari. Ecco un piccolo vademecum delle contro-riforme sacconiane, contenute quasi tutte nel decreto 112 che compone la manovra. Le abbiamo ricostruite grazie alla guida di Claudio Treves, coordinatore del Dipartimento Politiche attive del lavoro Cgil nazionale.
I contratti a termine
Sui contratti a tempo determinato abbiamo due interventi diversi. Il primo, rappresenta un attacco simbolico all'articolo 18: si dispone infatti che nel caso in cui un'azienda abbia violato le causali per l'accensione di un contratto a termine, non scatti più l'assunzione a tempo indeterminato, ma l'imprenditore può chiudere la faccenda risarcendo il lavoratore con una somma che va da 2,5 a 6 mensilità di salario. Dall'altro lato, si interviene sul Protocollo welfare dello scorso anno in merito ai 36 mesi e all'obbligo di assunzione dopo un'unica proroga: la riforma prevede che possano derogare non solo i contratti nazionali, ma anche quelli territoriali o aziendali, senza però definire una scala gerarchica tra di essi. «Così si scardina - commenta Treves - un punto centrale del testo Cgil, Cisl e Uil sui contratti, dove si dice che gli ambiti del secondo livello devono essere stabiliti nel contratto nazionale».
Orari, pause e lavoro notturno
Oggi il riposo settimanale deve essere minimo di 35 ore consecutive; il governo introduce una norma che prevede il calcolo delle 35 ore su uno spazio più ampio, ovvero 14 giorni. «Si potrebbe configurare la lesione di un principio costituzionale - spiega il rappresentante Cgil - dato che la Carta parla di "diritto al riposo settimanale"». Dall'altro lato, si stabilisce per legge che le norme su riposi, pause, lavoro notturno e introduzione al lavoro notturno possano essere «derogabili a livello di contratto nazionale o, in assenza di specifiche disposizioni, anche a livello territoriale e aziendale». E dire che oggi, la gestione del lavoro notturno, con i presidi sanitari necessari, le esenzioni e altre possibili tutele, viene trattata con Rsu e Rsa: in futuro potranno essere scavalcate.
Le dimissioni volontarie
Viene abrogata la legge 188 del 2007, quella che rendeva valide le dimissioni solo se fatte su un modulo del ministero del Lavoro, con impresso un codice alfanumerico a progressione cronologica. Si poteva evitare così che il datore di lavoro imponesse la firma delle dimissioni in bianco, per utilizzarle poi a suo comodo quando una lavoratrice è in gravidanza, o quando il dipendente si infortuna o ammala per lunghi periodi. La tutela viene cancellata senza introdurre altri mezzi di contrasto. Sacconi ha spiegato che si semplificano così pratiche burocratiche farraginose.
Il job on call (lavoro a chiamata)
Vengono «resuscitate» le norme cancellate dal governo Prodi, relative al lavoro a chiamata. Già contenuto nella legge 30, il job on call non era mai realmente decollato. Il lavoratore può essere assunto offrendo la propria reperibilità ed essere chiamato alla bisogna: quando non lavora avrà un'indennità pari al 30% del salario. Se non offre la reperibilità, è pagato solo quando lavora.
La registrazione il giorno prima
Un emendamento aveva cambiato la legge introdotta l'anno scorso, che prevedeva l'obbligo per il datore di lavoro di registrare il lavoratore il giorno prima dell'inizio dell'attività, norma utile a contrastare il sommerso e l'abitudine di registrare i lavoratori solo quando si infortunano (o, peggio, muoiono): la modifica introdotta imponeva la registrazione entro 5 giorni dopo l'inizio dell'attività. Ma ieri il ministro ha fatto marcia indietro, e ha ripristinato la regola del giorno prima. La Cgil e l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano notano che «la mobilitazione paga», ma che «comunque bisogna vigilare».
Il voucher o «ticket lavoro»Il voucher è un buono che può essere emesso da Inps, agenzie interinali e dagli enti bilaterali aziende-sindacati. Serve a retribuire con una «paga globale»: dovrebbe essere di circa 10 euro, comprendenti oltre al netto tutti i contributi. Il governo lo voleva dedicare ai lavoratori stagionali dell'agricoltura, delle imprese familiari di turismo, commercio e servizi, e ai giovani under 25 che svolgessero lavori durante le vacanze. Il rischio è che inglobando tutto, il voucher cancella il contratto nazionale, ferie, malattia, sussidi di disoccupazione, etc. Un emendamento (ancora non chiaro nella sua formulazione) ha ristretto la platea: il voucher sarebbe così limitato a studenti e pensionati e alle micro-aziende. I sindacati Flai, Fai e Uila si dicono «parzialmente soddisfatti», ma evidenziano che «anche così c'è il rischio di lavoro nero ed elusione contributiva». Ancora, la Cgil, con Treves, si dice «contraria all'emissione dei voucher da parte degli enti bilaterali». A questo punto si prefigurano persino enti bilaterali separati, se Cisl e Uil saranno d'accordo nell'emetterli.
Appalti e indici di congruità
Si abrogano le disposizioni attuative sulla responsabilità in solido delle amministrazioni pubbliche rispetto alle aziende di appalto: sarà più difficile per il lavoratore individuare con chi rivalersi in caso di fallimento o «sparizione» della piccola impresa d'appalto. Abrogati anche gli «indici di congruità», quelle tabelle che stabilivano il numero di lavoratori minimo per una produzione o un servizio erogato, segnalando così possibili casi di sommerso.
L'apprendistato rapido
Il Protocollo Welfare aveva disposto una delega al governo per riformare l'apprendistato, «in intesa con Regioni e parti sociali». Il governo sta violando la delega, perché ha disposto la riforma da solo. Intanto non si prevede più un periodo minimo: potremo avere anche apprendisti per un solo mese. Poi si individua l'impresa come «luogo formativo per eccellenza», sottraendo la formazione alle Regioni. La stessa certificazione, non sarà più emessa dalle Regioni, ma dagli enti bilaterali.
Libro Unico e ispezioni
Viene istituito un unico libro che contiene tutti i dati relativi al lavoratore, come le ore di straordinario. Sarà molto più difficile per il lavoratore accedere a quanto lo riguarda: la busta paga potrà essere sostituita da una «copia della scritturazione sul Libro Unico», senza le voci dettagliate per calcolare subito eventuali ammanchi. Il Libro può essere aggiornato entro il sedicesimo giorno del mese successivo, e tenuto presso lo studio del proprio commercialista. Anche un ispettore del lavoro, così, potrà fare più fatica a reperirlo e non lo avrà immediatamente. Si prevede poi che potrà evitare le sanzioni sul lavoro nero un'impresa che, all'atto della visita ispettiva, non mostri la volontà di occultare chi è irregolare. Insomma, una «sanatoria preventiva».

Prendetevi le nostre impronte

NON TOCCATE I BAMBINI E LE BAMBINE ROM E SINTI
E’ già iniziata la schedatura e la rilevazione delle impronte digitali dei rom, minori compresi, nei campi rom con lo scopo di “censire” quanti vi risiedono. Una misura fortemente voluta dal ministro Maroni, nonostante l’indignazione con cui è stata accolta da gran parte dell’opinione pubblica.
Forti perplessità sulla legittimità di un simile provvedimento ha espresso anche il Commissario europeo ai diritti umani. Associazioni laiche e cattoliche, italiane e internazionali, intellettuali, artisti, giornalisti, politici hanno denunciato il razzismo di questa misura giudicata un grave vulnus della democrazia e della Convenzione per la tutela dei diritti del fanciullo. Un atto discriminatorio e persecutorio.
E’ necessario dare visibilità, anche con azioni simboliche, alla nostra indignazione.
E' stata un grande successo l'iniziativa organizzata Lunedì 7 Luglio, a Roma, in Piazza Esquilino, dall'Arci che ha promosso una "schedatura" pubblica e volontaria, raccogliendo le impronte digitali di tutte le persone che sono intervenute. Sono state raccolte oltre 3000 impronte che verranno inviate al ministro con un messaggio:
Prendetevi le nostre impronte
NON TOCCATE I BAMBINI E LE BAMBINE ROM E SINTI

L'Arci di Terni, nella convinzione che le attività culturali siano l'unica vera difesa contro la barbarie, decide di adottare l'iniziativa nazionale e lancia l'autoschedatura anche a Terni, da giovedì pomeriggio dalle 17 e 30 con l'inizio di Maree 2008.

L'illogica allegria del mare buono

L'illogica allegria (Giorgio Gaber)



Da solo lungo l'autostrada
alle prime luci del mattino...
a volte spengo anche la radio
e lascio il mio cuore incollato al finestrino...

Lo so del mondo e anche del resto,
lo so che tutto va in rovina...
ma di mattina, quando la gente dorme col suo normale malumore,
può bastare un niente,
forse un piccolo bagliore,
un'aria già vissuta, un paesaggio, che ne so...

E sto bene...
sto bene come uno che si sogna...
non lo so se mi conviene
ma sto bene, che vergogna...
Io sto bene...
proprio ora, proprio qui...
non è mica colpa mia se mi capita così...

E' come un'illogica allegria
di cui non so il motivo, non so che cosa sia...
E' come se improvvisamente
mi fossi preso il diritto
di vivere il presente...

Io sto bene...
na na na na na na na
questa illogica allegria
proprio ora, proprio qui...

Da solo lungo l'autostrada
alle prime luci del mattino...



Il mare è tutto azzurro. Il mare è tutto calmo.
Nel cuore è quasi un urlo
di gioia. E tutto è calmo.

Sandro Penna, Poesie

E’ delizioso restare immersi in questa specie di luce liquida che fa di noi degli esseri diversi e sospesi...
Paul Claudel,1910

“Questa è la riva del mare, né terra né mare. E’ un luogo che non esiste.”
Oceano Mare - Alessandro Baricco

È stata ritrovata!
- Cosa? - l’Eternità.
È il mare unito
Al sole.

Arthur Rimbaud, 1892

....
Vorrei essere come l'acqua
che si lascia andare,
che scivola su tutto,
che si fa assorbire,
che supera ogni ostacolo
finche' non raggiunge il mare
e li si ferma a meditare
per scegliere
se esser ghiaccio o vapore,
se fermarsi o
se ricominciare...

Eugenio Finardi - La Canzone Dell'acqua

A Congresso


Tempo di Congresso nei Circoli di Rifondazione Comunista, tempo di scontri e di colpi bassi purtroppo.
Nonostante tutta la situazione mi faccia un po' schifo sono andata a sentire Nichi Vendola che presentava la sua mozione.
Non so se è stata la sua capacità di narratore, la sua enorme sensibilità umana o la sua capacità di analisi che mi hanno colpito di più, fatto sta che, se prima ero convinta che fosse la scelta giusta, ora sono pronta ad andare a votare per lui e cercare di portarci più gente possibile.
Quello che Vendola ha di diverso dagli altri è, fondamentalmente, il linguaggio nella sua forma e nel suo contenuto e credo che, per declinare questa strana società in cui viviamo sia necessario creare nuovi canali di comunicazione.
Cercherò di riassumere, con parole mie, quello che ho sentito.
E' partito dalla narrazione di un lavoro, sia esso dei braccianti che degli operai, che all’inizio del '900 era vissuto in maniera individuale, una sofferenza non condivisa, sporca e solitaria. Dice Vendola: il tuo dolore in solitudine è da sfigato, se diviene racconto che circola crea un cerchio, una comunità, la possibilità di lottare. È nelle lotte del '900 che il lavoro diviene narrazione collettiva, dolore condiviso, ricerca di soluzioni comuni, nelle campagne come nelle fabbriche; e questa narrazione diviene cultura, diritto. È attraverso tutto ciò che il lavoro entra nella Costituzione italiana, all’articolo 1, è attraverso le lotte che questa cultura genera che nasce lo Statuto dei lavoratori. Intorno al lavoro si crea la Comunità. Oggi tutto questo non c’è più: precarietà non è solo la questione dei precari ma il regredire complessivo ad una condizione di solitudine, alla fine delle narrazioni comuni. Viviamo in realtà frammentate, abbiamo perso la dimensione comunitaria, abitiamo periferie fatte apposta per isolare e dividere, per rendere impossibile la costruzione di comunità.
Oggi la Marcegaglia può permettersi di dire che l’impresa è tutto, il mezzo e il fine. Non sono i sindacati a tutelare i lavoratori ma è Confindustria: un totalitarismo insomma con una sua etica.
E di fronte a tutto questo non basta semplicemente dire "Torniamo nei luoghi di lavoro", motto rassicurante, che dà l'idea di una riflessione, di un progetto: ma?Torni e cosa trovi? Delocalizzazione ed esuberi, sconquasso totale. E tu con i tuoi volantini ad illuderti che gli operai ti ascoltino: non è che torni e te la cavi; devi invece ascoltare e metterti al servizio, creare vertenze, collegarle perché facciamo muro, devi avere ago e filo per cucire insieme tanti brandelli ma soprattutto non andare con arroganza.
La sinistra deve essere ago e filo.
Ci troviamo di fronte ad una sfida difficile, difficilissima e in questo ci può aiutare la riflessione di Gramsci che nelle sconfitte e nelle sfide difficili ha saputo trovare la forza per analizzare, comprendere e lottare.
Il risultato elettorale ci ha consegnato un Italia fatta di italiani con le loro paure, i loro fantasmi, a cui la destra ha raccontato che i colpevoli sono i rom, gli extracomunitari, i gay, gli atei e così via. E le cronache di questi giorni ci raccontano di violenze, pestaggi, roghi.
Ecco allora che torna l’idea di un partito che non deve essere il luogo delle rese dei conti, "il partito non serve né a me né a Ferrero", serve a spegnere i roghi, altrimenti non è niente, è già finito, è già soffocato.


Vedi anche: Qual'è la strada per la sinistra? e Voglia di Politica